L’estrema destra in America Latina è sempre più violenta

L’assalto brasiliano al palazzo del Congresso è solo l’ultimo atto di un’estrema destra in America Latina che si sta facendo sempre più pericolosa e violenta: dalla situazione di sospensione democratica di fatto in Perù fino al mancato attentato a Cristina Kirchner in Argentina, una parte di estrema destra connessa ai movimenti reazionari mondiali non smette di minacciare la democrazia, la società civile e i diritti umani fondamentali nel nome della solita triade "Dio, Patria, Famiglia".
L'estrema destra in America Latina è sempre più violenta, foto delle proteste in Peru

Erano le tre del pomeriggio dell’8 gennaio e l’invasione del Congresso, del Palazzo del Planalto e della sede della Corte Suprema era iniziata già da un’ora e procedeva indisturbata, senza alcun ostacolo da parte delle forze di sicurezza. Tra i membri della polizia militare, c’era chi si faceva selfie con i sostenitori di Bolsonaro.

Era il primo deciso segnale di un appoggio ai golpisti, tacito e meno tacito, da parte di settori delle forze dell’ordine e dei militari – la principale differenza tra l’invasione bolsonarista delle istituzioni e l’assalto trumpista a Capitol Hill – che sarebbe poi venuto alla luce in maniera sempre più clamorosa nelle ore e nei giorni immediatamente successivi. Lo stesso Lula avrebbe parlato esplicitamente di connivenze dell’esercito e della polizia militare con i manifestanti.

Brasile: prove tecniche di golpe
Era da settimane che i comandanti di alcune caserme fraternizzavano con i golpisti accampati di fronte a loro, molti dei quali militari in pensione e familiari di militari in servizio attivo. E malgrado non mancassero di certo informazioni sui preparativi dell’assalto – bastava dare un’occhiata alle reti sociali – nessuno si era mosso. Non sorprende allora che la polizia militare della capitale federale abbia facilitato l’azione dei bolsonaristi né che l’esercito si sia schierato a protezione dell’accampamento da loro mantenuto per più di due mesi di fronte al quartier generale.

Ma c’era da aspettarselo: le forze militari avevano già assunto un protagonismo via via più marcato, arrogandosi il diritto di intervenire in caso di crisi tra i poteri o di convulsione sociale, come era emerso chiaramente già nel 2018, quando, alla vigilia dell’arresto di Lula, il generale Eduardo Villas Bôas non aveva esitato a minacciare velatamente l’int…

Autonomia differenziata, fermiamola ora o sarà troppo tardi

L’Autonomia Differenziata è un progetto politico che lede la natura della Repubblica Italiana, sancita dalla Costituzione come “una e indivisibile”, foriero non solo di inammissibili disuguaglianze ma anche di inefficienze. Contro di essa si sono espressi costituzionalisti, istituzioni, soggetti politici, sociali ed economici, fino ad arrivare alla Commissione Europea. Eppure il governo procede a spron battuto nel volerla attuare, mostrando i muscoli e tappandosi le orecchie. Contro questo scellerato agire a senso unico bisogna agire ora, altrimenti – considerando il criterio della decennalità – sarà davvero troppo tardi.

Regionalismo differenziato o centralismo diffuso? L’autonomia differenziata punta a demolire il Parlamento

La legge sull’autonomia differenziata rischia di diventare una utile stampella al premierato, di rafforzare, più che il regionalismo differenziato, un “centralismo diffuso” che consente al Presidente del Consiglio di negoziare con le singole regioni, esautorando totalmente il Parlamento dalle sue funzioni; e, con esso, svuotare di sostanza la Repubblica democratica.