di Mario Matteini
[Sesto episodio, prima puntata della serie “La password nella storia”]
Post pubblicati:
1. La lingua che discrimina
2. La parola d’ordine da Ificrate a Lamarmora
3. Le societá segrete dell’ottocento
4. L’inutile strage della Grande guerra
5. Parole di liberazione
6. Le spie della guerra fredda | 6.1 La temeraria Martha | 6.2 Polyakov, la talpa gigante al Cremlino | 6.3 Lost in translation
7. Come ai tempi della Guerra fredda
8. Dalla realtà alla finzione
9. Usare bene la password
Buongiorno e buon fine settimana. Viaggiando nel tempo alla ricerca delle parole d’ordine non potevamo che sbattere lì, sui muri di cemento e sulle cortine di ferro della guerra fredda. Non quella attuale, ma quella storica che teoricamente finì nel 1989, quando vennero giù muri e cortine e la storia sembrò finire nel grembo della democrazia.
Quel mezzo secolo di guerra fredda è stato l’eldorado dello spionaggio che non è solo un episodio della storia con la S maiuscola, ma anche un denso capitolo della letteratura e del cinema.
Andiamo subito a vedere che cosa ha scoperto il nostro agente nella macchina del tempo all’interno dei faldoni polverosi della Lubjanka e di Langley ormai desegretati. Siccome il nostro Mario Matteini ha vari dossier, articoleremo questo episodio in varie puntate.
Si inizia con la storia di Martha Peterson, proveniente da Kansas City e comandata all’ambasciata americana a Mosca dove diviene un agente operativo della CIA, una delle prime donne ad esserlo oltre cortina.
Martha è oggi una brillante signora di 77 anni che ha raccontato in un libro del 2018, The Widow Spy, la sua storia, narrata anche ai giovani del Miami Dade College e documentata su YouTube.
Buona lettura!
Sigle da brivido caldo
Parallelamente alla corsa agli armamenti e alle varie iniziative militari, USA e URSS praticarono un’estesa e intensa attività di spionaggio. Dall’una e dall’altra parte si cercava di carpire segreti sulle armi in costruzione, sulla loro dislocazione sul territorio, sui vari piani in preparazione.
In entrambe le superpotenze si formarono potenti servizi di intelligence: la CIA (Central Intelligence Agency, Agenzia centrale per le informazioni) negli Stati Uniti e il KGB (Komitet Gosudarstvennoj Bezopasnosti, Comitato per la sicurezza dello Stato) in URSS.
Nelle aree sottoposte all’influenza americana i servizi segreti assunsero iniziative volte a impedire la crescita dei partiti di sinistra, di quello comunista in particolare.
Nei paesi comunisti la polizia segreta esercitava un controllo capillare su tutta la popolazione, per colpire nemici veri o presunti del regime.
La volpe rossa che trotterella a mezzanotte
In tutto il mondo, in modo particolare nelle aree strategiche e presso le ambasciate sovietiche e degli Stati Uniti delle principali capitali, una variegata platea di agenti segreti, confidenti, informatori, analisti, infiltrati, doppiogiochisti era impegnata in attività di intelligence di vario livello.
Per riconoscersi fra appartenenti agli stessi servizi, per stabilire contatti, per notificare operazioni, incontri e consegne, i metodi adottati erano diversi: parole d’ordine, frasi di riconoscimento, segnali particolari.
A questo proposito la vasta produzione letteraria e cinematografica di opere che parlano di spionaggio, dai libri di John Le Carrè ai film su James Bond, ci offre un campionario piuttosto vasto.
In molti casi si tratta di ricostruzioni fantasiose. Difficilmente, ad esempio, un agente si sarebbe rivolto al suo contatto dicendo “La volpe rossa trotterella tranquillamente a mezzanotte”, per accertarsi che fosse proprio lui la persona che doveva incontrare.
L’orologio smette di funzionare
Parole d’ordine e frasi di riconoscimento non dovevano essere né troppo stravaganti e insensate da generare sospetti, né troppo comuni o legate al momento e al luogo, per evitare che una persona qualunque potesse dare una risposta corretta.
Tanto per fare un esempio, la frase concordata per la domanda (sign o challenge, segno o sfida, nel linguaggio specialistico) poteva essere banalmente “Mi può dire che ore sono per favore”, ma la risposta (countersign o replay, contrassegno o risposta) no: doveva contenere qualche affermazione inconfondibile, come: “Mi dispiace ma la lancetta dei minuti del mio orologio oggi ha smesso di funzionare”.
Alcuni esperti consigliano l’impiego di frasi non prestabilite ma che contengano al loro interno particolari parole. Ad esempio “blu” nella domanda (“Non trattenere il respiro, potresti diventare blu”) e “luna” nella risposta (“Trattengo il respiro solo con la luna piena”).
Martha Peterson da Kansas City
A piedi nel Parco
Lo so, tutto ciò sembra poco credibile e fa quasi sorridere, ma cosa direste se, passeggiando in un parco e, incuriositi da un piccolo pacchetto per terra, lo apriste e vi trovaste diversi oggetti più o meno strani e un bigliettino con scritto: “Compagno! Sei inciampato in un segreto che non ti riguarda. Prendi i soldi e gli oggetti di valore. Lascia cadere le altre cose nel fiume e dimentica tutto. Sei stato avvertito!"?
Eppure erano di questo tipo i pacchetti che Martha Peterson solitamente depositava nei parchi di Mosca, che, negli anni Sessanta e Settanta del Novecento, erano un luogo prediletto dagli agenti segreti.
Confusi tra mamme, bambini, coppie, runner e pensionati, potevano incontrarsi, lasciare messaggi e materiali, senza destare sospetti.
Così faceva Martha: quando riceveva il segnale convenuto, si recava nel parco e depositava nel luogo stabilito (dead drop o drop site, goccia morta o punto di rilascio, nel linguaggio specialistico) il pacchetto con materiale vario (documenti, attrezzature fotografiche, denaro e oggetti preziosi), corredato dal minaccioso messaggio per eventuali ritrovamenti accidentali.
La trappola del miele
Martha Paterson era una delle prime donne operative per la CIA a Mosca, dove era arrivata nel 1975, quando aveva trenta anni. Lavorava come impiegata all’ambasciata americana.
La sua missione era quella di tenere i contatti con una fonte sovietica particolarmente preziosa: un funzionario del ministero degli esteri in grado di intercettare importanti documenti.
Si chiamava Alexandr Ogorodnik – nome in codice Trigon – ed era stato reclutato dalla CIA con il classico stratagemma dell’honey trap (trappola del miele). Molto sensibile al fascino femminile e pronto a intraprendere relazioni con una certa facilità, era caduto agevolmente nella trappola tesa dai servizi americani tramite una giovane colombiana impiegata come “esca”.
Raccolte le prove della ennesima relazione, era seguita la minaccia di renderle pubbliche, con conseguente grave discredito per un diplomatico, padre di famiglia e membro del PCUS. Così aveva iniziato a lavorare per la CIA, ricevendo fra l’altro lauti compensi.
Il punto rosso
Il 15 Luglio 1977 il segnale convenuto per la consegna è un punto rosso su un cartello stradale con la scritta “Attenzione! Bambini!”. E in effetti quel punto rosso c’è, ma sembra quasi stampato. Difficilmente un agente avrebbe perso tempo a fare un disegno così preciso.
Martha preferirebbe venissero fatti dei controlli, ma i suoi superiori le ordinano di procedere. E allora lei esegue. Prende tutte le precauzioni possibili. Prende l’auto dell’ambasciata e la parcheggia vicino a un cinema. Entra nella sala quando è già iniziata l’ultima proiezione della sera.
Qui indossa pantaloni e una giacca scuri sul vestito bianco e si scioglie i capelli, per nascondere gli auricolari del ricevitore radio. Dopo dieci minuti esce. Non torna alla macchina. Fa un lungo giro sui mezzi pubblici: prima un autobus, poi un tram, la metropolitana e infine un taxi.
Arriva al ponte Krasnolužskij, nei pressi dello stadio. È buio, non c’è nessuno. Vista da lontano sembra un uomo, ma gli agenti del KGB che la stanno seguendo sanno bene chi è, e aspettano solo il momento giusto per coglierla in flagrante.
Karaté e bestemmie
Martha sale le scale che portano ai binari e si avvicina a uno dei pilastri. È qui che deve lasciare il suo “pacchetto”, camuffato da sasso. Lo nasconde all’interno di uno degli archi e si avvia per tornare da dove è venuta.
Ma, proprio mentre inizia a scendere le scale, viene circondata dagli agenti. Cerca di resistere e comincia a gridare (“dimostrò un eccellente conoscenza del karaté e delle bestemmie”, riferisce uno degli agenti che partecipò alla cattura), per avvertire Ogorodnik, che avrebbe dovuto trovarsi nelle vicinanze.
Trasportata alla Lubjanka, il quartier generale del KGB, viene identificata e interrogata. In sua presenza, viene aperto il finto sasso, che contiene istruzioni, un questionario, attrezzatura fotografica specializzata, oro, denaro e due capsule con all’interno del veleno. Il giorno successivo viene espulsa dall’URSS.
Ogorodnik era morto un mese prima. Arrestato sulla base delle informazioni fornite da un talpa all’interno della CIA, si era suicidato ingoiando una pillola di cianuro nascosta nella sua penna.
Spie nei film
Ecco alcuni film, di agile reperibilità sulle piattaforme di streaming, ambientati interamente o parzialmente oltre cortina. Prima di tutto il citato film del 1965 di Martin Ridd con Richard Burton, tratto dal romanzo di John Le Carré, La spia che venne dal freddo, a noleggio su Chili, Apple TV+ e Prime video. Notevole anche il Sipario strappato (1966, su Sky cinema, NowTV e a noleggio su Chili) del maestro Alfred Hitchcock con Paul Newman e Julie Andrews. A proposito di parchi di Mosca ecco Gorky Park (1983, a noleggio su Apple Tv+ e Prime video) di Michael Apted con il compianto William Hurt. Il recente L’ombra delle spie (2020, su Sky cinema e NowTV) vede un ottimo Benedict Cumberbatch nel ruolo dell’agente dell’ M16 Greville Wynne. Su Prime video si può vedere il film di Luc Besson del 2019, Anna, con una stupenda Sasha Luss. Infine quattro grandi interpreti, Sean Connery, Michelle Pfeiffer, Klaus Maria Brandauer e Roy Scheider sono i protagonisti di La casa Russia (1990) tratto dall’omonimo romanzo di John Le Carré, a noleggio su Apple TV+.
Nella prossima NL ci occuperemo dei film ambientati nella Berlino della guerra fredda.