❇ 4° episodio della serie “In 5 minuti le idee che hanno cambiato il mondo”.
📖 Libro, Hilary Putman, Ragione, verità e storia Il Saggiatore, Milano, 1985 pp. 248; tr. it. di Alessandro Nicolò Radicati di Brozolo, a cura di Salvatore Veca. Titolo originale: Reason, Truth, and History, Cambridge University Press, 1981
☆ Film: The Matrix; 1999; regia di Lana e Lilly Wachowski; con Keanu Reeves (Neo), Laurence Fishburne (Morpheus), Carrie-Anne Moss (Trinity), Hugo Weaving (agente Smith)
Articoli pubblicati:
1. Adam Smith: la nascita dell’economia politica
2. Gustave Le Bon: psicologia sociale e psicologia individuale
3. Kurt Gödel: Il cervello non funziona come un computer
4. Hilary Putman: Il cervello nella tinozza
Buongiorno e buon fine settimana.
Oggi un argomento un po’ “cervellotico”, ma stimolante e fresco di giornata come potrebbe essere l’intelligenza artificiale generativa.
La domanda è “dove sono davvero e tu chi sei?”. Piuttosto spaesante, no? Come lo sono i nostri tempi. In questo quarto episodio della serie delle idee, intrecciamo filosofia e cinema, sperando di non fare troppa confusione.
Da Cartesio a Matrix
Il senso della riflessione di Cartesio, il papà del pensiero moderno, potrebbe essere questo: “Potete e dovete dubitare di tutto, ma non potete mai dubitare di un ‘io’ che dubita”.
Nel film The Matrix del 1999 (su Apple Tv e Prime video, a noleggio) la teoria del dubbio cartesiano viene estremizzata ed estesa all’io stesso. Può esserci davvero un “io” che dubita? Ci potrebbe essere, invece, una matrice da cui un “io” connesso, in modo a noi oscuro, prende il dubbio?
Teoricamente sì, ci dice l’epistemologo americano Hilary Putman. E per dimostrarlo si diletta a costruire un esperimento mostruoso e distopico. È l’esperimento del “cervello nella tinozza”, ovviamente ideato e condotto da un cervello pazzoide e maligno, come tiene ad avvisarci subito Putman nel suo saggio Brains in a Vat.
Scrive in modo freddo e un po’ compiaciuto come sanno fare solo coloro che studiano logica: “immaginate che un essere umano (potreste essere voi stesso) sia stato sottoposto a un'operazione da parte di uno scienziato malvagio (evil).
“Don’t be evil” era anche il motto di Google, una volta, tanto tempo fa.
Beh! viene subito da domandarsi, con apprensione, in che cosa consista questo esperimento pazzoide.
Il cervello nella tinozza
L’esperimento consiste, macabramente e ipoteticamente, nell’espiantare un cervello da un corpo e immergerlo in un liquido nutriente contenuto in una tinozza in modo tale che i neuroni siano cablati a un supercomputer in grado di fornire impulsi elettrici che giungano alle terminazioni nervose responsabili delle sensazioni.
In quelle condizioni tale cervello, espiantato dal corpo e messo a mollo, vive una realtà simulata e apparente (allucinata, la definisce Putman). Il fatto è che quello stesso cervello presume che la realtà che “vive” sia quella reale senza che in effetti lo sia. Un po’ come nella caverna di Platone.
Per dirla con le parole illuminanti di Morpheus nel primo Matrix :“Che cosa è la realtà? …Il reale sono semplici segnali elettrici interpretati dal cervello”.
Ora se questa situazione di cervelli espiantati e cablati fosse generalizzata, come in Matrix, nessuno si domanderebbe se le sensazioni che prova non siano ordinarie e normali o piuttosto il mero prodotto di un meccanismo di stimolazione bio-cibernetica sottostante.
Fuori dal labirinto
Per non perdermi oltre in questi ragionamenti “cervellotici” come nel labirinto del Racconto dei racconti (su NowTV) del nostro Mario Martone o in quello di Franco Maria Ricci a Parma, lascio sbrogliare la matassa a Barry Loewer che abbiamo già conosciuto nel terzo episodio di questa serie sulle idee.
Il professore di filosofia della Rutgers University è spesso chiamato a mettere ordine nelle mischie, come il quartetto di ricercatori di parapsicologia dell’Università di New York viene sovente ingaggiato per catturare l’energia degli ectoplasmi vaganti in Ghostbusters (su Now TV).
E in pochi minuti Loewer ci spiega che cosa intenda Putman con questo suo macabro immaginario esperimento che ha ispirato una delle serie di film più rappresentative e iconiche del nostro tempo dalla cui prima rappresentazione ci separano oltre 20 anni.
Quando nel 1999 ho visto The Matrix in sala, nell’allora Cinema Ariston in Piazza degli Ottaviani a Firenze (oggi museo dei trenini), mi sono davvero spaventato per via della “matrice”.
Il cervello nella tinozza e lo scetticismo radicale
di Barry Loewer
In 3 secondi. Pensate di avere in mano un libro, di leggere una frase, ma in realtà siete un cervello in una tinozza, alimentato da impulsi elettrici di un supercomputer.
Hilary Putnam (1926-2016) filosofo, matematico ed epistemologo americano di formazione analitica, dalla quale però si è distaccato. La sua ricerca, dispiegatasi per oltre mezzo secolo, ha interessato vari campi della filosofia come quella della mente, del linguaggio, la metafisica, l’etica e l'epistemologia. Focalizzandosi sul ruolo, piuttosto che sulla sostanza, degli stati mentali, la sua teoria del funzionalismo ha offerto una soluzione plausibile al problema mente-corpo. Con la teoria dell'esternalismo – “i significati non sono nella testa” – ha smantellato il punto di partenza soggettivo che aveva guidato le teorie filosofiche della conoscenza fin da Cartesio. Putman ha anche dato enormi contributi alla filosofia della scienza, alla filosofia della matematica e alla matematica stessa. Molte sue opere sono tradotte in italiano.
In 30 secondi
Il filosofo Hilary Putman respinge l’approccio scettico all'esperimento “il cervello in una vasca”. Il suo argomento è, in breve, che le parole usate da una persona in un mondo virtuale si riferiscono alle cose che costituiscono quel mondo e non agli oggetti di un mondo presumibilmente esterno. Quindi, essere seduto sotto un albero, per esempio, dipende dallo stato delle cose che esistono nel mondo specifico in cui avviene quel sedersi sotto un albero (che questo mondo sia virtuale o meno).
In un minuto e mezzo
Il cervello nella tinozza, un esperimento intellettuale, ha ispirato la serie di film Matrix e tende a essere utilizzata per discettare sulla nostra conoscenza del mondo.
Ci chiede di immaginare un cervello separato dal corpo del suo proprietario, immerso in una vasca di liquido e collegato a un dispositivo che riproduca esattamente gli impulsi elettrici normalmente provenienti dal mondo esterno, al fine di produrre un'esperienza di realtà virtuale indistinguibile dal mondo reale.
Questo esperimento introduce il problema dello scetticismo radicale. Può essere plausibile che viviamo in un mondo virtuale senza esserne consapevoli. Il che significherebbe che tutte le nostre convinzioni – per esempio, che sto digitando questo testo sulla tastiera del mio computer – siano false.
Se accettiamo questa possibilità, dobbiamo ammettere che non possiamo sapere se ciò che riteniamo vero è effettivamente vero. In altre parole, se è possibile che qualcosa come lo scenario di Matrix sia vero, dobbiamo accettare che non esiste un fondamento sicuro per la nostra conoscenza del mondo.
CITAZIONE RILEVANTE
Invece di avere un solo cervello in una vasca, potremmo immaginare che tutti gli esseri umani (forse tutti gli esseri senzienti) siano cervelli in una vasca o sistemi nervosi in una vasca. Naturalmente, lo scienziato malvagio dovrebbe essere all'esterno – o forse no? Forse non c'è nessuno scienziato malvagio, forse (anche se questo è assurdo) l'universo consiste semplicemente in un macchinario automatico che si occupa di una vasca piena di cervelli e sistemi nervosi.
Da Hilary Putman, Brains in a Vat, pag. 6.
Battuta finale
Siete molto più di un cervello in una tinozza? Come fate a verificarlo? Guardatevi allo specchio. Se non siete a bagnomaria, siete di più.
Prima di andare
Alla Corte suprema. Tutto è iniziato nel 2016, quando la Andy Warhol Foundation ha concesso in licenza a Condé Nast un dipinto di Warhol raffigurante Prince per la copertina di una edizione speciale di “Vanity Fair”. Lynn Goldsmith, la cui fotografia era servita come modello del dipinto, si è opposta. Sostiene che aveva concesso, per 400 dollari, a Warhol la licenza per un uso unico del suo scatto di Prince. Cioè per il dipinto. La Fondazione l'ha allora citata in giudizio, chiedendo una sentenza che stabilisse che le modifiche apportate da Warhol alla fotografia erano trasformative e dovevano essere considerate rientranti nel “fair use”, quindi non soggette alla protezione del diritto d’autore. In prima istanza un tribunale ha dato ragione alla Fondazione, ma una corte d’appello ha ribaltato la decisione.
Adesso è stata chiamata in causa la Corte Suprema degli Stati Uniti d’America che sta preparando un suo parere sul caso. La fondazione Warhol sostiene che la decisione della corte d'appello rende alcune opere d'arte “presumibilmente illegali” e “potrebbe portare alla rimozione di opere d'arte fondamentali nei luoghi di pubblica esposizione”. Goldsmith sostiene, invece, che il caso riguarda la concessione in licenza di materiali per opere creative, non l'esposizione di opere d'arte, e che una sentenza a lei sfavorevole trasformerebbe la legge sul diritto d'autore in “copia liberamente, non c’è nessun diritto”.