Democrazia e partiti: appunti su una débâcle

Le ragioni dell’involuzione odierna di democrazia e partiti in Europa e negli Stati Uniti vanno cercate nel trionfo del neoliberismo e nella conseguente mercatizzazione della politica che ha finito per imporre partiti leggeri, ridotti a poco più di semplici comitati elettorali, affidati a un leader che deve puntare sul suo più o meno accentuato carisma per conquistare le quote di consenso necessarie a prevalere di volta in volta nella competizione elettorale.
Democrazia e Partiti - Enrico Letta al congresso ARCI

La crisi dei partiti politici è uno dei fenomeni più evidenti del mondo contemporaneo ad ogni latitudine e in ogni tipo di regime. In Occidente, in particolare, ci troviamo di fronte, da un lato, alla scomparsa per consunzione di componenti storiche dei parlamenti novecenteschi (la tradizione socialista, per dirne una, in Italia e Francia) e, dall’altro, a formazioni letteralmente fagocitate dai propri leader bulimici (i Tory britannici da Boris Johnson, il Partito repubblicano statunitense da Donald Trump, per citare i casi più rilevanti). Come se non bastasse, inoltre, leader in vena di autolesionismo fanno a gara a rimuovere il problema (quando addirittura non costruiscono le proprie effimere fortune elettorali tuonando contro la partitocrazia); o cercano di sublimarlo, proponendo tutt’al più una qualche riforma della legge elettorale o simulacri di democrazia diretta – nella migliore delle ipotesi, semplici palliativi che non si dimostrano poi in grado di curare i mali dell’astensionismo e dell’ingovernabilità.

Si dimentica che i diversi regimi si distinguono più ancora che per i valori che professano, per le istituzioni che si danno; e che, tra tutte, il partito è quella a cui è delegata la gestione di una funzione imprescindibile della politica: la rappresentanza. Non è un caso che l’evoluzione del partito politico segua di pari passo quella dalla società per ceti alla società di massa; fino all’approdo novecentesco al suffragio universale, quando diventa dirimente la scelta tra democrazie multipartitiche e totalitarismi a partito unico. Il 1989, con il crollo del comunismo, sembrava aver decretato il trionfo delle prime; eppure, a distanza di pochi decenni, è proprio la rappresentanza democratica ad essere messa sempre più in discussione.

Rappresentanza in salsa neoliberista
Le ragioni dell’involuzione odierna della forma partito in Europa e negli Stati Uniti, in estrema sintesi, vanno cercate nel trionfo del neoliberismo e nella conseguente mercatizzazione della politica che ha finito per imporre partiti leggeri, ridotti a poco più di semplici comitati elettorali, affidati a un leader che deve puntare sul suo più o meno accentuato carisma per conquistare le quote di consenso necessarie a prevalere di volta in volta nella competizione elettorale. E non basta. Il leader dovrà anche vendere la sua immagine affidandosi a professionisti della comunicazione, adottando un linguaggio sempre più semplificato, adeguato agli standard imposti dai nuovi social media. Niente a che vedere con gli apparati di propaganda cui ci aveva abituati il secolo scorso; e, tuttavia, una delle principali ragioni della crescita inarrestabile dei costi della politica che, soprattutto in un paese come gli Usa, espone i candidati a cariche di rilievo alle lusinghe de…

Autonomia differenziata, fermiamola ora o sarà troppo tardi

L’Autonomia Differenziata è un progetto politico che lede la natura della Repubblica Italiana, sancita dalla Costituzione come “una e indivisibile”, foriero non solo di inammissibili disuguaglianze ma anche di inefficienze. Contro di essa si sono espressi costituzionalisti, istituzioni, soggetti politici, sociali ed economici, fino ad arrivare alla Commissione Europea. Eppure il governo procede a spron battuto nel volerla attuare, mostrando i muscoli e tappandosi le orecchie. Contro questo scellerato agire a senso unico bisogna agire ora, altrimenti – considerando il criterio della decennalità – sarà davvero troppo tardi.

Regionalismo differenziato o centralismo diffuso? L’autonomia differenziata punta a demolire il Parlamento

La legge sull’autonomia differenziata rischia di diventare una utile stampella al premierato, di rafforzare, più che il regionalismo differenziato, un “centralismo diffuso” che consente al Presidente del Consiglio di negoziare con le singole regioni, esautorando totalmente il Parlamento dalle sue funzioni; e, con esso, svuotare di sostanza la Repubblica democratica.