di Mario Matteini
[Settimo episodio della serie “La password nella storia”]
Post pubblicati:
1. La lingua che discrimina
2. La parola d’ordine da Ificrate a Lamarmora
3. Le societá segrete dell’ottocento
4. L’inutile strage della Grande guerra
5. Parole di liberazione
6. Le spie della guerra fredda | 6.1 La temeraria Martha | 6.2 Polyakov, la talpa gigante al Cremlino | 6.3 Lost in translation
7. Come ai tempi della Guerra fredda
8. Dalla realtà alla finzione
9. Usare bene la password
Buongiorno e buon inizio settimana. Eccoci giunti al penultimo episodio della “Storia della password” del nostro Mario Matteini. Siamo quasi ai nostri giorni. Nel 2010 la guerra fredda è finita da 20 anni, le relazioni internazionali sono piuttosto distese e a preoccupare ci sono le ricadute della crisi finanziaria scoppiata tre anni prima.
La diplomazia del cheesburger
Il gioco delle spie però non si ferma. Ci sono nuove tecnologie, la vecchia guardia della guerra fredda si gode un meritato risposo, ma i sistemi, i metodi, l’intensità e le parole d’ordine dell’attività di spionaggio rimangono allineati con il periodo della cortina di ferro.
Si vede molto bene dall’episodio spionistico, di una certa importanza, che ci narra Mario Matteini e che fu risolto dai presidenti della Russia e degli Stati Uniti seduti a un tavolo di un fast food mentre azzannano un Cheeburger e consumano Coca (Medvedev) e tè freddo (Obama).
A 10 anni di distanza sembra che un momento del genere appartenga a un’epoca remota della nostra storia, tanto è la distanza che separa, ancora una volta, il mondo occidentale dalla Russia.
Buona lettura.
Non ci siamo visti agli Hamptons?
New York, giugno 2010. La guerra fredda è finita da vent’anni, ma le attività di intelligence per la difesa della sicurezza nazionale non sono assolutamente cessate.
Non sono più focalizzate prevalentemente sulle minacce di tipo militare provenienti dagli stati, ma anche su quelle che hanno come protagonisti soggetti non statuali, organizzazioni criminali e terroristiche, e che possono essere attuate con metodi sempre più complessi e sofisticati, che coinvolgono le strutture economico-finanziarie, i sistemi informatici, segreti commerciali e scientifici, l’ambiente.
UC1 consegna ad Anna una rivista dicendole che la dovrà tenere sotto braccio al luogo dell’incontro con I1, che così la potrà riconoscere e le dirà: “Scusa, ma non ci siamo incontrati in California l’estate scorsa?”.
Al che Anna dovrà rispondere: “No, credo fossero gli Hamptons” [le spiagge del tratto finale di Long Island, rifugio delle élite newyorchesi].
Una volta avvenuto il riconoscimento, Anna consegnerà a I1 il passaporto falso e poi, per notificare a UC1 l’avvenuta consegna, dovrà attaccare un francobollo su una mappa della città poco distante dall’incontro.
La copertura immobiliare
Sembra la sceneggiatura di un film di spionaggio degli anni della guerra fredda, ma è proprio la realtà, come la si legge nei documenti ufficiali del procuratore giudiziario, sezione controspionaggio, del distretto meridionale di New York.
Anna è Anna Vasil'evna Kuščenko, una giovane donna russa che ha acquisito il cognome Chapman dopo il matrimonio nel 2002 con l'inglese Alex Chapman, dal quale ha divorziato quattro anni dopo.
È arrivata negli Stati Uniti nel 2010, dove ha aperto un’agenzia immobiliare on line, che però è un’attività di copertura, perché lavora per i servizi segreti della Federazione russa.
“UC1” è un agente FBI, che nel giugno del 2010, presentandosi come funzionario del governo russo, ha chiesto ad Anna di consegnare un passaporto falso a un’altra agente russa (“I1”), che, dovendo operare sotto copertura, ha bisogno di una falsa identità.
C’è il wi-fi?
Si tratta di una trappola per cogliere in flagrante e arrestare Anna. L’FBI infatti da qualche tempo sta indagando su di lei e su altri soggetti sospettati di trasmettere informazioni ai servizi russi.
Oltre che a New York, operano tra Virginia, New Jersey e Boston. Su di loro l’FBI ha ormai raccolto una rilevante quantità di prove, che documentano la loro attività.
Sono soliti comunicare tramite computer, utilizzando un’apposita rete wireless, seduti, a poca distanza gli uni dagli altri, a tavolini di locali di ristorazione o su panchine di parchi.
Alcune informazioni sono nascoste in normali file di immagini, dei quali hanno modificato i codici numerici. È il metodo della steganografia (dal greco steganós, «coperto», e graphía, «scrittura»), per il quale sono forniti di un apposito software.
Un “drop site” trappola
Uno di questi agenti, Mikhail Semenko, viene incastrato con il solito stratagemma. Un agente dell’FBI (“UC2” nei verbali del procuratore), gli telefona, si presenta come agente russo e gli pone la domanda di riconoscimento: “Può darsi che ci siamo incontrati a Pechino nel 2004”.
Semenko risponde correttamente: “Sì, può darsi, ma io credo che fosse ad Harbin”.
Al successivo incontro in Washington Park, UC2 consegna a Semenko un giornale con dentro cinquemila dollari. Il giorno successivo lo dovrà nascondere in un luogo indicato (“drop site”, sito di rilascio, nel linguaggio del settore), sotto un ponte in Arlington Park e glielo mostra su una mappa.
Il giorno successivo Semenko fa quanto gli è stato detto. Tutte le sue operazioni sono fedelmente registrate dalle telecamere appositamente installate dai servizi americani.
Alla fine di giugno l’intera rete è smantellata. Undici agenti russi, fra i quali Anna Chapman e Mikhail Semenko sono catturati e accusati di cospirazione e riciclaggio di denaro sporco.
Quando c’era ancora un lieto fine
Il fatto suscita un notevole clamore. Il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov reagisce duramente, ma in breve tutto si stempera. I rapporti fra USA e URSS allora erano in una fase di distensione.
Pochi giorni prima il presidente russo Dmitry Medvedev era stato in visita ufficiale negli Stati Uniti ed aveva siglato un accordo per l’acquisto di 50 Boeing, per un prezzo complessivo di 4 miliardi di dollari, ed aveva mangiato hamburger e patatine fritte insieme a Barack Obama in un fast-food ad Arlington non lontano dalla Casa Bianca.
In ogni caso Vladimir Putin, allora primo ministro, si augura che la vicenda non danneggi i progressi fatti nei rapporti bilaterali fra Mosca e Washington.
La vicenda dunque si risolse in modo rapido e con una soluzione condivisa. Già l’8 luglio le dieci spie catturate negli USA vennero scambiate con quattro agenti occidentali incarcerati come spie in Russia.
Lo scambio avvenne all’aeroporto di Vienna, dove quasi contemporaneamente fecero scalo i due aerei, provenienti rispettivamente da New York e da Mosca.
Da spia a stilista patriottica
Uno dei quattro agenti russi liberati era Sergei Skripal, un ex colonnello dell'intelligence militare russa, che, dopo lo scambio, si era rifugiato nel Regno Unito. Nel 2018 Skripal e sua figlia Yulia saranno trasferiti in una località protetta, dopo essere scampati a un avvelenamento da Novičok, un gas nervino prodotto tra gli anni ’70 e ’90 in Unione Sovietica.
Decisamente più spensierata la vita vissuta da Anna Chapman dopo il suo ritorno in Russia, dove ha acquisito una crescente notorietà come modella, conduttrice televisiva, influencer e stilista.
Attenta e premurosa nel mostrare fedeltà al regime e nel difendere i propri interessi, il 6 marzo 2022, pochi giorni dopo l’invasione russa dell’Ucraina, ha pubblicato un post su Istagram, in cui afferma “Non ho mai visto una tale ondata di patriottismo e fede nel nostro paese e nel popolo russo in tutta la mia vita... Grazie per questo”. Segue l’invito ad acquistare il suo marchio di abbigliamento, “che ho creato per amore del mio paese”.
I want you!
Il patriottico post di Anna Chapman ci porta ai giorni nostri, alla grave crisi internazionale, originata dall’invasione russa dell’Ucraina.
Secondo gli esperti di spionaggio, questo è un momento favorevole al reclutamento di spie, perché tutte le parti coinvolte cercano di reperire informazioni su piani militari, armamenti e progetti di sabotaggio degli avversari, e non mancano soggetti che, per vari motivi, possono essere convinti a collaborare.
È un momento complesso, delicato, con sviluppi difficili da prevedere. Può succedere di tutto. Paradossalmente può accadere anche che il leader russo sia involontario protagonista di una campagna di reclutamento di spie antirusse.
La gogna di Putin
È il 21 febbraio 2022, a Mosca si tiene una riunione del Consiglio di Sicurezza, rivelatrice della piega che stanno prendendo gli eventi in relazione all’Ucraina.
Putin è seduto su una poltrona dietro una scrivania bianca. A diversi metri di distanza, disposti a semicerchio, siedono ministri e funzionari, che, come tanti scolaretti, sono uno ad uno invitati ad esporre la propria opinione. Putin li interrompe più volte con tono di rimprovero e di minaccia, se non si mostrano chiaramente allineati sulle sue posizioni.
Il più maltrattato è Sergei Naryshkin, capo del servizio di intelligence estero, che osa chiedersi se non sia più opportuna tentare ancora una soluzione diplomatica della questione del Donbass. Putin lo incalza con domande provocatorie e minacciose, sottoponendolo a una pubblica umiliazione, e costringendolo infine, intimidito e balbettante, a cedere.
Il video della riunione, trasmesso con i sottotitoli in lingua inglese, diventerà immediatamente virale in tutto il mondo.
Parla chiaramente, Sergey
Putin non poteva sapere che proprio una delle frasi rivolte al povero Sergey — «Parla chiaramente, Sergey Yevgenyevich» — sarebbe stata di lì a poco utilizzata per scopi contrari ai suoi interessi.
“Parla chiaramente”, infatti, è l’inizio di un particolare messaggio che l’FBI ha deciso di pubblicare sui social, geolocalizzandolo in modo che possa essere sentito solo nell’area dove ha sede la rappresentanza diplomatica russa di Washington.
Lo scopo è quello di reclutare informatori tra i cittadini russi insoddisfatti di quanto sta accadendo nel loro paese. Dopo l’incipit che ricorda l’atteggiamento autoritario e aggressivo di Putin, il messaggio prosegue:
Siamo pronti ad ascoltarti. Le informazioni fornite all’FBI dal pubblico sono il mezzo più efficace per combattere le minacce. Se hai informazioni che potrebbero aiutare l’FBI, contattaci.
Segue il link che rimanda alla pagina del programma di controspionaggio dell’FBI.
Prima di andare
Amore e anarchia. Chi lavora nel mondo dell’editoria in vari ruoli non può perdere la serie svedese di Netflix Kärlek & Anarki (Amore e Anarchia) che si svolge in una casa editrice svedese di Stoccolma e racconte le storie, anche individuali, delle persone che vi fanno parte. Tratteggiate con ironia e un po’ di freddo surrealismo nordico i protagonisti ci fanno conoscere come funziona una casa editrice tradizionale e le problematiche che vive in una contingenza che vede l’avvento dei nuovi media. Sono episodi brevi con ottimi attori.