di Mario Matteini
[Ottavo e ultimo episodio della serie “La password nella storia”]
Post pubblicati:
1. La lingua che discrimina
2. La parola d’ordine da Ificrate a Lamarmora
3. Le societá segrete dell’ottocento
4. L’inutile strage della Grande guerra
5. Parole di liberazione
6. Le spie della guerra fredda | 6.1 La temeraria Martha | 6.2 Polyakov, la talpa gigante al Cremlino | 6.3 Lost in translation
7. Come ai tempi della Guerra fredda
8. Dalla realtà alla finzione
9. Usare bene la password
Buongiorno e buon fine settimana. L’ultimo episodio della serie di Mario Matteini sulla storia della password non poteva che approdare al grande party del cinema e della fiction. La parola d’ordine per entrarci non è “no martini, no party”, bensì “agitato, non mescolato”.
Vogliamo stare nel futuro in un verso o in un inverso
E mai “1 2 3 4 5 6” come codice di sblocco del telefonino. È stato quel genio del direttore della zecca della Corea unificata in Casa di Carta Corea (su Netflix) a metterlo per farselo subito indovinare da quel demonio di “Berlino”. Una prodezza da vero idiota che scatena un bailamme. C’è sempre un demonio di “Berlino” in giro!
Ricordatevi anche: a qualcuno per strada che vi chiede d’improvviso se “Viviamo in un mondo crepuscolare” di rispondere “Niente amici al tramonto”. Potrebbe camminare all’indietro da una finestra temporale dell’appena trascorso.
Ma noi vogliamo stare nel futuro. La password neanche ci servirà. Attraverseremo i vari universi come America Chavez, così … con un balzo da gatto.
Sta di fatto però, come per la transizione energetica, per eliminare la password ci vorrà un lungo e anche penoso periodo di passaggio.
Per questo abbiamo aggiunto un episodio extra. La prossima settimana, Giorgio Sbaraglia, esperto di sicurezza cibernetica e autore dell’appena uscito Cybersecurity, vi darà qualche utile dritta per non fare come il direttore della zecca della Corea unificata.
Adesso però è il turno del nostro Mario Matteini che ringraziamo per questi episodi che divertendoci ci hanno fatto imparare anche qualcosa.
Sullo schermo
A’ mbecilli!
Concludiamo questo viaggio nel tempo a cavallo delle parole d’ordine trasferendoci dalla realtà alla finzione. Effettuiamo questo trasferimento partendo dall’episodio, già raccontato, che nel 1825 vide i carbonari Angelo Targhini e Leonida Montanari, condannati a morte per l’attentato a Filippo Spada.
Leonida Montanari appare nel film del 1969 di Luigi Magni Nell’anno del Signore (a noleggio su tutte le piattaforme), interpretato dall’attore Robert Hossein.
Nel film di Luigi Magni i carbonari apprendono del tradimento di Filippo Spada dal ciabattino Cornacchia, interpretato da Nino Manfredi. Nella sequenza che descrive l’avvenimento appare Cornacchia che bussa per entrare nella stanza dove sono riuniti i congiurati.
Dall’interno uno di questi risponde:
“Chi è. Parola d’ordine”.
“A’ mbecilli!“ è la risposta.
Al che Leonida Montanari: “Apri è uno che conosco io”.
Cornacchia/Manfredi entra e protesta: “Ma che se chiede la parola d’ordine ar primo che passa?”.
Folgorante il commento di Montanari “Embè lo so. Vonno congiurà e so’ fregnoni”.
È tutto ovviamente un’invenzione, compreso il romanesco di Montanari, che era di Cesena, ma la parola d’ordine è una di quelle più memorabili delle numerose che si possono trovare nell’immaginario filmico e letterario.
È pesce spada?
Esilarante la sequenza della parola d’ordine nel film del 1932 I fratelli Marx al college (su Dailymotion).
Il professor Wagstaff (Groucho Marx), tenta di accedere a uno speakeasy sorvegliato da Baravelli (Chico Marx).
Questo gli chiede la parola d’ordine e Wagstaf risponde: “E qual è questa parola?”
Chico: “È lei che me la deve dire. Senta, Facciamo così. Le do tre possibilità. È il nome di un pesce”.
Groucho: “Mary?”.
Chico: “Ma quella mica è un pesce.”
Groucho: “È vero. Ma beve come un pesce”.
Segue una gag originata da una serie di equivoci linguistici (Groucho dice “sturgeon” (storione) e Chico capisce “surgeon” (chirurgo), poi “haddock” (eglefino o pesce asinello) e Chico intende “headache” (mal di testa).
Alla fine Chico dice: “Non può entrare se non dice "pesce spada. Le resta una possibilità”.
Groucho: “Forse ci sono. È pesce spada?”.
1 2 3 4 5
Memorabile anche la scena di Balle Spaziali, film del 1987 di Mel Brooks (su Apple TV e Prime Video a noleggio), in cui Lord Casco comunica al presidente Scrocco di aver trovato il sistema di accedere allo scudo spaziale, che protegge l’atmosfera del pianeta Druidia.
Più che di password si tratta di una combinazione, ma è un dialogo esemplare per un manuale sulla sicurezza informatica.
Presidente Scrocco: “Allora, ha funzionato? Dov’è il re?”.
Lord Casco: “Ha funzionato! Abbiamo la combinazione!”.
Presidente Scrocco: “Magnifico! Adesso possiamo prenderci tutta l’aria fresca del pianeta Druidia! Qual è la combinazione?”.
Colonnello Nunziatella: “1, 2, 3, 4, 5, signore!”.
Presidente Scrocco: “1, 2, 3, 4, 5?”.
Colonnello Nunziatella: “Sissignore!”.
Presidente Scrocco: “È sorprendente! È la stessa combinazione della mia valigia! Preparate Spaceball One per una partenza immediata! E cambiate la combinazione della mia valigia!”.
Sulla carta
Apriti Sesamo
Assai numerose sono le password che possiamo trovare nelle opere letterarie.
La più nota di tutte è “Apriti sesamo” (Sésame, ouvre-toi), che risale ai primi anni del Settecento, quando apparve nella traduzione francese della celebre fiaba di origine persiana Alì Babà e i quaranta ladroni ad opera del francese Antoine Galland.
Il giovane Alì Babà ha visto casualmente che il capo dei ladroni, pronunciando questa formula, ha fatto aprire una roccia ed è entrato in una misteriosa caverna.
Quando i banditi lasciano il posto, Alì con la stessa frase entra nella caverna e vi trova un tesoro.
Nel corso del tempo è entrata nell’uso comune, spesso per sottolineare la soluzione inattesa di un problema.
Apriti Sesamo è anche il titolo di libri, film, programmi televisivi, giochi e anche di uno degli ultimi album pubblicati da Franco Battiato.
Un “miracolo” mancato
Emblematica la morte del soldato Giuseppe Lazzari nel romanzo di Dino Buzzati Il deserto dei tartari.
Rimasto fuori della Fortezza per recuperare un misterioso cavallo, quando rientra è fermato dalla sentinella, che gli chiede la parola d’ordine. Ma Lazzari, che è lì da poco tempo, non la conosce proprio.
“Sono io, Lazzari!” grida ai “Chi va là” del Moretto, il suo amico di sentinella.
Ma questo “non era più Moretto, era semplicemente un soldato con la faccia dura che adesso alzava lentamente il fucile, mirando contro l'amico [...] era soltanto una sentinella della Fortezza, in uniforme di panno azzurro scuro con la bandoliera di mascarizzo, assolutamente identica a tutte le altre nella notte, una sentinella qualsiasi che aveva mirato ed ora premeva il grilletto ”.
Solo un “miracolo” (questa era la parola d’ordine, formulata per difendersi da un nemico che non sarebbe mai arrivato) avrebbe potuto salvare il giovane soldato Lazzari, che invece muore ucciso da fuoco amico.
Una punizione estrema per una veniale contravvenzione alle regole. Una vita troncata nella vita sospesa de Il deserto dei Tartari.
Prima di andare
La perla nera imprigionata. Ve ne abbiamo già parlato, ora siamo all’epilogo. La Perla nera, lo yacht da 500 milioni di Jeff Bezos con 3 alberi maestri di 70 metri, non potrà raggiungere il mare aperto dopo che il cantiere che l’ha costruito non ha ottenuto il consenso del Comune di Rotterdam, per smontare e rimontare, a spese di Jeff Bezos, il Konigshaven Bridge (detto “De Heft”) che si frapponeva tra il bacino di costruzione della nave e il mare. La storica costruzione resterà al suo posto. Un epilogo che ha inorgoglito la proletaria e laboriosa Rotterdam. Un’occasione per Fincantieri?
Grande Mario!
Buone vacanze!