Le sette, la libertà religiosa e l’avvelenamento dei pozzi

Gli esponenti della società laica che osteggiano l’operato dei culti sono sempre più nel mirino: etichettati come fuori dalla scienza, illiberali o addirittura complici di dispotismi. L’obiettivo è minarne la credibilità per destituire di fondamento qualsiasi cosa dica il “movimento antisette”.

Una religione è solo una setta che ce l’ha fatta? Al di là dell’iperbole, la domanda potrebbe a qualcuno apparire non peregrina. Posto che col termine gergale “setta” si intende una organizzazione che costringe ed abusa dei propri adepti, i sempre più frequenti scandali che coinvolgono la Chiesa di Roma inducono alcuni a non vedere differenze fra un culto mainstream e altri che guadagnano le cronache emergendo dall’ombra. D’altro canto, ad avallare involontariamente questa semplificazione sono proprio alcuni difensori della “libertà religiosa” noti come “apologeti dei culti”. Ci si riferisce a quella fitta rete di attivisti a cui piace presentarsi come asettici studiosi (di una materia da loro stessi creata, cioè lo studio dei cosiddetti “Nuovi Movimenti Religiosi”) e che, più o meno in buona fede, più o meno gratuitamente, usa difendere in modo palesemente pregiudiziale ogni tipo di “setta” dalla diffidenza dell’opinione pubblica, dalle valutazioni critiche degli studiosi e, ovviamente, dalle impertinenti attenzioni della magistratura. Questo agglomerato di persone supplisce con la ripetizione e con l’onnipresenza mediatica alla esiguità degli argomenti, il principale dei quali è proprio che non esistono criteri dirimenti in grado di discriminare nettamente una “setta” da una religione tradizionale. Ad esempio, per difendere culti accusati di praticare l’ostracismo nei confronti dei fuoriusciti, come è il caso di Scientology e dei Testimoni di Geova, essi hanno gioco facile nel citare il Vangelo di Luca, laddove si attribuisce a Gesù di Nazareth la frase “Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, sua moglie, i suoi figli, i suoi fratelli e le sue sorelle, e anche la sua stessa vita, non può essere mio discepolo”. Ovviamente, l’intento di chi si produce in spericolati prelievi dai testi sacri e avventurosi accostamenti con altre fedi –  fra questi, addirittura all’atteggiamento dell’Islam nei confronti degli apostati – è di difendere il gruppo accusato ponendolo nella stessa tradizione dei credi consolidati e vincenti sul mercato delle fedi; ciò però apre anche alla riflessione sulla presenza di nuclei in grado di attivare derive settarie anche all’interno delle religioni del Libro. Non pochi fuoriusciti da gruppi ecclesiali cattolici controfirmerebbero questa considerazione. A godere della difesa di questi paladini della libertà religiosa dagli attacchi “laicisti” del “movimento anti-sette” sono stati, ad esempio, anche i Legionari di Cristo, poi rilevatasi una sorta di associazione a delinquere guidata da uno stupratore seriale di minori.

Senonché, se questa valutazione ci dice che neppure le organizzazioni maggiori – siano esse religiose, politiche, filosofiche od economiche -, sfuggono al rischio di derive settarie di alcuni loro settori, ciò è ben lungi da avvalorare la equiparazione fra “setta” e religione. Mancano alle radicate religioni di massa tanto il controllo pervasivo del comportamento dei membri quanto, soprattutto, l’imposizione di confini netti, rigidi ed impermeabili fra l’interno e l’esterno. Indipendentemente da quali possano essere le aspirazioni delle sue autorità, nel mondo occidentale l’influenza del credo professato sulla vita della maggioranza dei cittadini è relativamente poco importante. Esso si esplica più che altro nella pretesa di influire sulle scelte collettive in modo congruente con la propria fede (divorzio, aborto, diritti LGBT+ ecc.), cioè in un vulnus per la laicità. Detta così, però, sembra solo una questione di grado. Ogni religione si ritiene portatrice dell’unica Verità, quindi gioca a so…

La libertà accademica negata dal fanatismo filo-israeliano tedesco. Intervista a Nancy Fraser

A Nancy Fraser è stato impedito di tenere un ciclo di conferenze all’Università di Colonia. Sebbene il tema designato fosse il lavoro nella società capitalista, alla filosofa è stato proibito di parlare per aver firmato la dichiarazione “Philosophy for Palestine”. Una violazione della libertà accademica frutto di quello che Susan Neiman ha definito il “maccartismo filosemita” della Germania, Paese in cui ormai ogni voce critica nei confronti di Israele viene messa sistematicamente a tacere.

Nuova questione morale: la sinistra e il fantasma di Berlinguer

A sinistra si continua a citare Berlinguer e a sbandierare il tema della questione morale. Ma i recenti fatti che hanno travolto la giunta regionale di Michele Emiliano ci ricordano che nel sistema Italia il marcio è diffuso ovunque, a partire dalle realtà locali. Non si può risanare tutto il sistema politico nel suo complesso ma a sinistra ci si può impegnare partendo da casa propria, cercando di costruire un nuovo autentico soggetto progressista anziché puntare ai “campi larghi”.